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Non credete a chi vi dice che non è vero che si scrive meglio quando si sta male, che è un luogo comune datato e senza fondamento. Io sono la prova che invece è proprio così. Sì, sarà soggettivo senz’altro, ma il numero di quanti sostengono la stessa mia tesi è senz’altro più alta di chi dice timidamente il contrario.
Del resto parliamoci chiaro: se si è felici, se capita quel raro attimo di felicità che quasi cammini a venti centimetri da terra, se quell’attimo si allunga fino a diventare un’inimmaginabile periodo, cosa ti può importare del resto? Non ti importa descrivere come stai. Vuoi solo goderti quel privilegio fino a che durerà.
Perché sai che non durerà tanto, non dura mai. E poi mentre leviti sopra le altre disgrazie umane, con quali parole dovresti descrivere quello che provi? Nessuna è adeguata, nessuna è abbastanza piena, profonda, così speciale da rendere il tuo stato d’animo. Potrebbe solo banalizzarlo e questa è l’ultima cosa che vorresti.
Ti crogioli in un pezzo di vita più luminosa e questo è tutto.
Quindi ti dedichi alla tua piccola felicità con tutto te stesso e riesci persino a passare sopra ad ogni problema che ti capita, per quanto brutto possa essere. Desideri solo che niente intacchi quel tuo stato di ebrezza temporanea, da cui ti lasci consapevolmente fagocitare senza remora alcuna.
Poi un giorno finisce il periodo d’oro.
Il mondo si fa un po’ più buio.
Torna la normalità, magari piena anche di cose belle ed interessanti, ma spenta. Non so se quello che ci fa più male è la consapevolezza di quanto si è perduto o il motivo per cui lo si è perduto. Forse, più è stato importante il momento, più il motivo perde importanza e il fatto di essere riusciti a vivere ‘meglio di così’ è l’unica cosa che veramente conta.
Ed è lì che hai voglia di parlare, di scrivere, di spiegare quello che è successo, quello che hai provato, quello che provi, quello che hai perso. E talvolta il modo che scegli per esprimere emozioni che ora hanno un sapore amaro, è proprio quello in cui qualcun altro riconoscerà i propri sentimenti, la propria storia, le proprie emozioni.
Può essere una canzone, una musica, una poesia, un racconto, un quadro, una fotografia, può essere anche solo il tuo modo di porti nei confronti degli altri a raccontare di te e del tuo dolore.
È una valvola di sfogo che serve a dar voce a te, a quello che provi, ma anche a quello che prova chi di legge, ti ascolta, ti osserva.
Non è certo una cosa automatica e nemmeno obbligatoria. A volte succede subito, a volte succede dopo mesi, anni, a volte non accade affatto. Però, se succede tira fuori il meglio di noi.
Ecco, in questo periodo in cui non sto bene, in cui il mondo è un po’ più buio, ho ricominciato a scrivere e mi viene anche bene.
E mi piace.
E piace anche al mio prezioso insegnante di Scrittura Creativa, Roberto Pallocca, a quanto pare, visto che stamattina mi ha svegliato con un messaggio molto incoraggiante.
Il fatto è che talvolta il mondo si può illuminare anche di altro, magari proprio delle tue emozioni.
Le stesse che nascono da quel buio.
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